La vita non è quella che si è vissuta ma quella che si ricorda e come la si ricorda per narrarla.

 

Viviamo oggi in un mondo già confezionato e funzionale, che poco spazio lascia alla relazione, al racconto, al gioco e all'immaginazione. Tutto è pronto per essere usato, facile, efficiente e così perdiamo la nostra capacità di relazionarci agli altri, di raccontarci, di ascoltare, di guardare e di creare.

A vedere dal di fuori sembra tutto facile ma allora dobbiamo chiederci: come mai oggi tutto questo malessere? Come mai la nostra capacità ormai di avere contatti solo via internet, via sms? Non staremo perdendo quello che in realtà ci rende “esseri umani”?

Non abbiamo tempo per fermarci, per riflettere e la nostra vita diventa l'agenda dove segnamo meticolosamente ogni impegno. E in tutto questo dove mettiamo allora le emozioni? Quello che ci emoziona è che quello che ci rappresenta, che ci forma, che siamo in grado di raccontare.

La  mente umana,  per nostra fortuna non funziona unicamente sui dati reali e presenti, ma ha la capacità  di pensare e ed elaborare anche dati che non sono attuali in quel  momento nel percettivo. Questi dati sono il nostro sentire.

J. Bruner (1987, 1991), che ha studiato a lungo questo fenomeno, sostiene che quando raccontiamo qualcosa un significato prevale in modo arbitrario sul flusso della nostra memoria, mettendo in  primo piano una causa e trascurandone un’altra. Questo succede perchè ognuno di noi è un individuo a se stante e si contraddistuingue attraverso diverse caratteristiche. Ognunio di noi si racconta in maniera diversa.

Ascoltare le favole permette lo sviluppo del  “pensiero narrativo”, ovvero la capacità cognitiva attraverso cui le persone strutturano la propria esistenza e le danno significato.

Ascoltando una fiaba, i bambini iniziano ad attivare due modalità caratterizzanti l’attività mentale degli esseri umani: la realtà e la fantasia. Attraverso l’ascolto di elementi reali ed irreali, il bambino attiva contemporaneamente sia il pensiero razionale che quello  fantastico, e questo è essenziale per lo sviluppo e per il corretto funzionamento della sua attività mentale.

Le fiabe contribuiscono allo sviluppo psicologico dei bambini in diverse aree: linguaggio, emotività/affettività, socialità/moralità.

In merito allo sviluppo emotivo/affettivo, che è quello che maggiormente ci preme in questo contesto, potremmo dire che il potere delle fiaba o del racconto è davvero notevole. Quando leggiamo ci affezioniamo ai personaggi, ci immedesimiamo in loro e viviamo le loro emozioni. Diventiamo empatici.

Possiamo soffrire molto con loro, affrontare la paura in un luogo protetto e trovare fiducia nel futuro quando abbiamo l'esito positivo della storia. Impariamo quanto siam importante impegnarsi per ottenere ciò che si desidera e decidiamo quale personaggio vogliamo essere, con quali caratteristiche.

La narrazione rappresenta quindi, e soprattutto, la via attraverso cui dare forma alla propria identità. Quest’ultima, nei bambini che diventaranno adulti, ma anche per noi adulti, si modella e si struttura mediante il narrarsi  agli altri, grazie a un processo di negoziazione di significati. L’identità narrativa, emerge tutte le volte che ci presentiamo e ci raccontiamo  agli altri e a noi stessi, proprio perché lo facciamo in un modo unico e caratterizzante.  La costruzione dei significati è un processo sociale che nasce e si sviluppa all’interno di un contesto storicamente e culturalmente determinato. Il soggetto quando racconta la propria vita, attua, al tempo stesso,un processo si assimilazione e distinzione dagli altri.

Leggere una fiaba, o crearla quindi è un momento in cui abbiamo la possibilità di esorcizzare quello che stiamo raccontando, ridefinendo gli avvenimenti e dando loro un lieto fine o una morale.

Vorrei concludere con una frase:

Le fiabe sono vere. Sono prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi.” (Calvino, Fiabe italiane, 1956)

 

Enrica Tavella

Psicoterapeuta Sistemico Relazionale con un master in Attività Assistite dall'Animale

ta.vis@email.it

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